Chi fa testamento può nominare uno o più esecutori testamentari (può essere anche un erede, salvo non sia minore, interdetto o inabilitato), perché siano esattamente eseguite le disposizioni di ultima volontà del defunto.
Questo può avvenire per esempio se il testatore non ha fiducia nell’erede, soprattutto quando l’interesse di quest’ultimo è in contrasto con alcune disposizioni del testamento a carattere particolare o per la presenza di contrasti tra gli aventi diritto all’eredità o l’esistenza di obiettive difficoltà nell’esecuzione delle volontà del testatore.
L’accettazione o la rinuncia della nomina di esecutore testamentario deve risultare da dichiarazione resa in Tribunale.
L’accettazione non può essere sottoposta a condizione o a termine.
Se sono nominati più esecutori testamentari essi devono agire congiuntamente, salvo che il testatore abbia diviso tra loro le attribuzioni o si tratti di provvedimento urgente per la conservazione di un bene o di un diritto ereditario. Il testatore può autorizzare l’esecutore testamentario a sostituire altri a sé stesso, qualora egli non possa continuare nell’ufficio.
L’Autorità Giudiziaria, su istanza di qualsiasi interessato, può assegnare all’esecutore un termine per l’accettazione, decorso il quale l’esecutore si considera rinunziante.
L’esecutore testamentario deve rendere il conto della sua gestione al termine della stessa, e anche spirato l’anno dalla morte del testatore, se la gestione si prolunga oltre l’anno. Su istanza di ogni interessato, l’Autorità Giudiziaria può esonerare l’esecutore testamentario dal suo ufficio per gravi irregolarità nell’adempimento dei suoi obblighi, per inidoneità all’ufficio o per aver commesso azione che ne menomi la fiducia. |